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Dentro M&C, il giornalone multiculturale e plurale bilingue inventato da Luca Meda – magazine e testata registrata – da 10 anni si annida, intima e segreta, una committenza fotografica, Visual Art, che contrappunta ogni edizione, ogni Salone del Mobile. Un progetto inaugurato nel 2006, ideato e curato da Cristiana Colli, uno spazio di libertà autoriale e di inspirations fatte di luoghi, vetrine, mani al lavoro, oggetti della comunicazione, manufatti.

Uno statement autoriale sostenuto con convinzione dall’azienda, impegnata in ogni tempo – come testimonia la sua storia lunga oltre ottant’anni – nel sostegno alla cultura contemporanea, all’architettura, al design. Un dono annidato al centro del giornale: bifacciale – lato A e lato B sempre, si stacca con lo strappo, un oggetto impossibile, un paradosso da esporre tra due vetri. Una collezione condivisa, accessibile, diffusa. In viaggio e sottobraccio in giro per il mondo, in libreria, in archivio, in aria – sospesa e trattenuta dai fili da pesca.

Una comunità di autori, sguardi, pensieri, intenzioni che si offre alla contemplazione. Così la Quadreria Contemporanea – paradossale nel formato ma coerente col format – è stata l’opera in cammino che ha reso manifesta l’esperienza, l’idea di collezione, lo stile di collezionismo, la rete di collezionisti – imprevedibile, ibrida, mobile. Per connettere la community Molteni – persone, progetti, oggetti – con lo spirito del tempo, le good vibrations delle comunità, dei dialoghi, dei paesaggi.

Ora, dal giornalone M&C, la collezione arriva a Giussano, all’interno del Compound che dal 2015 ospita anche il Molteni Museum, presentata in un allestimento site specific per Glass Cube, chiamato “Floating Cube”, con il concept espositivo di Ron Gilad.

“Sarà un cubo dentro un cubo, una stanza sospesa senza entrata e senza uscita, uno spazio inaspettato per l’arte”, ha spiegato Ron Gilad.

Uno spazio in uno spazio che esiste, inaspettato e flottante su qualche centimetro d’acqua. Un volume quadrato atterrato al centro della struttura che diventa art gallery, e che si fa edizione di Glass Cube. Il progetto di Ron Gilad trasforma lo spazio espositivo, accoglie l’impaginazione delle immagini, concede a questa forma essenziale e monolitica di farsi piattaforma di contemplazione, anche per il tramite di una distanza tra visitatore e opera che mantiene quell’intimità pubblica all’origine del progetto e della committenza fotografica.

Venti le opere fotografiche in mostra, con altrettanti prodotti Molteni&C come protagonisti, realizzate da Paola De Pietri (2007), Francesco Jodice (2008), Antonio Biasiucci (2009), Olimpia&Miro Zagnoli (2010), Alessandra Spranzi (2011), Barbara Probst (2012), Davide Pizzigoni (2013), Botto&Bruno (2014), Mario Carrieri (2015), Olivo Barbieri (2016). L’objet trouvè di Paola De Pietri è impigliato davanti al cartello Attenzione piene improvvise, un fuori sincrono dentro la natura infinita e primordiale che si fa pensiero, anche quando è prossima; le Confidenze Urbane di Francesco Jodice sono la storia di un dispositivo, l’intimità pubblica intorno a un divano che si fa comunità, condivisione di gesti, interrogazione degli sguardi; le Mani di Antonio Biasucci sono il gesto gentile e consapevole che sfiora la materia, la addomestica, la guida: il gesto del fare che trattiene sapienza e passione, la propria e quella altrui; Zagnoli+Zagnoli è la vetrina che si fa immagine, col disegno che si fa diaframma e poi layer: un invito a entrare, una promessa ironica e pop, un set per voyeurs; Sopra il tavolo di Alessandra Spranzi è lo slancio, il volo, lo spostamento lieve ma definitivo, i ruoli sovvertiti nella vita delle cose.

E poi Barbara Probst con Sotto il cielo di NY – stesso luogo, stesso istante, punti di osservazione diversi – mondi in simultanea per un’unica narrazione che è racconto differente, relativismo, non autosufficienza dello sguardo: lo sguardo, sì, ma quale?; Davide Pizzigoni con la Vita Improvvisa dentro un tempio claustrofobico – il Museo Bagatti Valsecchi – luogo del troppo pieno, dell’umana illusione trattenuta nei confini di una piastrella tra cordoncini rossi; Botto&Bruno, con la sospensione di un interrogativo – Post o Pre? – tra il Palazzo del Lavoro di Pierluigi Nervi e il recycle della città contemporanea nel tempo circolare tra futuro e archeologia; Mario Carrieri con il Tavolino Infinito, un’acrobazia di proporzioni, un incrocio di incastri, una microarchitettura di Gio Ponti; Olivo Barbieri con il fuoco selettivo che guarda a Oriente, il micro e il macro del paesaggio contemporaneo catapultato sul tavolo della Storia si chiama L’importante è che giri, una metafora e un messaggio.

Floating Cube
10 anni 10 autori 10 opere
A cura di Cristiana Colli
Molteni Compound
Via Rossini 50
20833 Giussano (MB)

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ultimo aggiornamento: 23-10-2017