Era il 1962 quando uscì la legge n. 167 che prevedeva una serie di disposizioni per favorire l’acquisizione di aree cittadine fabbricabili da destinare all’edilizia popolare. Una delle risposte più note fu la nascita di un progetto dell’architetto Franz Di Salvo che doveva dare nuovo lustro al quartiere napoletano di Scampia: il complesso delle cosiddette Vele.

Consegnate nel 1975, dopo più di dieci anni di lavori, le Vele, che prendevano il nome dalla forma triangolare che ricorda appunto i classici teli delle navi, sorgevano con l’intento di essere moderne e innovative sotto ogni punto di vista, da quello squisitamente strutturale a quello “filosofico”, se così possiamo dire, insito nella loro stessa essenza.

Di Salvo, sulla scia delle unités d’habitation, tanto care a Le Corbusier, immaginò sette strutture (oggi ne restano in piedi solo due) che si estendevano in altezza, le cui unità abitative erano collegate da ponti, corridoi e ballatoi, allegoria del classico vicolo napoletano, dove la gente si incontra e familiarizza.

L’idea dell’architetto era di creare il perfetto falansterio, dove ogni famiglia non fosse realtà a se stante ma divenisse parte di una vera e propria comunità. Purtroppo già dal 1980, dopo il tragico terremoto dell’Irpinia, le Vele iniziarono il loro triste declino, con le case occupate dai senza tetto e un diffuso stato di degrado che dura ancora oggi.

Abbandonate a se stesse sin da subito, le Vele di Scampia divennero presto territorio della malavita locale, luogo di spaccio e consumo di sostanze stupefacenti, prostituzione e persino discarica a cielo aperto, visto che i normali servizi, come ad esempio la pulizia, il recupero dei rifiuti e la manutenzione dell’immobile, sono stati quasi sempre inesistenti.

Ad oggi le due strutture rimaste in piedi sono pericolanti, fatiscenti, insalubri (sia per l’alto livello di umidità delle case che porta le mura a marcire, sia per i forti venti che si creano negli spazi aperti), pericolose per i giochi dei bambini, ma anche per la salute delle persone anziane e dei disabili che abitano o occupano il complesso.

Il destino delle Vele di Napoli è più incerto che mai. Da qualche anno lo Stato ha impiegato le sue forze di difesa per allontanare il mercato della droga e la malavita organizzata, ma fra crolli, lastre di amianto ancora infrattate negli angoli delle case e disagi per i residenti, le insidie di questi palazzoni sono materia all’ordine del giorno.

Tuttavia, il temporeggiare nell’abbattimento delle ultime due Vele deriva probabilmente da una questione pratica: dove andranno a finire le famiglie che occupano gli alloggi dopo? Il Comune di Napoli sarebbe in grado di garantire loro un tetto sopra la testa? Al momento non si conosce risposta.

Foto | da Pinterest di Ellis Cresswell

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ultimo aggiornamento: 17-09-2014