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Era il 28 giugno 1973. L’ultimo giorno in cui lo spazio è stato abitato. Poi solo il tempo, a lavorare. Ciò che resta del tempo è un percorso di ricerca sull’estetica della memoria: lo sguardo su un luogo colmo di assenze. Una mostra – a cura di Alessandra Dalloli, Nemo Monti, Walter Terruso; fotografie di Andrea Martiradonna – che mette in scena, per una sera soltanto, installazioni ed opere: situazioni estetiche, create utilizzando soltanto gli elementi che erano già presenti nello spazio abbandonato. Frammenti di memoria si succedono nelle forme di stanze, arredi, oggetti senza destino. I segni del lento divenire hanno composto una sequenza di tracce, operando la trasformazione delle superfici. In questo contesto di preesistenze va in scena un racconto per sottrazione: design degli istanti.

Opere concettuali sono create utilizzando i resti del tempo: frammenti di memoria sopravvissuti alle trasformazioni. Stanze, arredi, strutture, fratture, si trasformano in elementi di un racconto per immagini: opere di luce, design dell’effimero, del transitorio. Archeologia domestica. Porzioni di significato si succedono attraverso l’uso degli elementi primari: il colore della luce, l’uso dello spazio, le forme della memoria.

Un progetto di opere effimere suscitato dalla forza evocativa di ambienti abbandonati da 40 anni, nei quali scoprire i molti possibili destini di un tempo in frammenti. Installazioni luminose si alternano a composizioni di elementi; testimonianze di memoria, create per fissare alcuni attimi di un perpetuo divenire. Andrea Martiradonna è intervenuto a fermare il tempo, interpretando gli spazi prima che fossero oggetto di attenzione. La riflessione si allarga dai luoghi fisici a concetti astratti, al rapporto tra tempo, luce, spazio; ai livelli di percezione della realtà. Alla relatività dei sensi stessi.

credit image by Press Office – photo by Andrea Martiradonna

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ultimo aggiornamento: 18-12-2017