La mostra tematica “Recto Verso” alla Fondazione Prada presenta una selezione di opere nelle quali gli artisti hanno consapevolmente posto in primo piano l’elemento abitualmente nascosto, dimenticato o trascurato del retro del quadro. Concepita dal Thought Council, composto attualmente da Shumon Basar, Elvira Dyangani Ose, Cédric Libert e Dieter Roelstraete, l’esposizione è allestita nella galleria Nord della Fondazione Prada fino al 14 febbraio 2016.

La tradizione occidentale concepisce il dipinto principalmente come un artefatto frontale (“recto”). Il retro (“verso”) sembra trasmettere un significato culturale trascurabile, non essendo destinato allo sguardo del pubblico, perché visibile solo dall’artista e dagli addetti ai lavori.

In questa mostra artisti attivi nel corso degli ultimi due secoli si oppongono a questa convenzione portando in primo piano il retro della tela. Ad esempio, in alcuni lavori esposti, la tecnica del trompe-l’oeil, resa celebre dai pittori fiamminghi del Settecento, è impiegata per focalizzare l’attenzione sul telaio piuttosto che sull’immagine dipinta. Si tratta di opere che rappresentano il retro di un’opera sia attraverso la pittura, come nei lavori di Louis-Léopold Boilly, Roy Lichtenstein e Luca Bertolo, sia tramite la fotografia, come nelle opere di Gerard Byrne, Thomas Demand, Philippe Gronon, Matts Leiderstam e Ian Wallace.

Le tracce che gli artisti lasciano sul retro del quadro possono essere di varia natura e contenere un livello di intenzionalità variabile nello svelare un contenuto non visibile: dal messaggio esplicito, che durante la contestazione della Biennale di Venezia nel 1968 Gastone Novelli decise di mostrare esponendo un suo quadro al contrario, come un muro su cui scrivere slogan politici, fino alla presenza di vere e proprie immagini riportate sul retro della tela, come nei lavori di Llyn Foulkes e di Giulio Paolini, che diventano visibili solo se mostrati al contrario, mettendo così in discussione la prevalenza del recto sul verso. Nel processo in cui il retro inizia a diventare un vero e proprio soggetto d’indagine, la confusione dei due piani si avvicina sempre più a una vera e propria fusione, come nelle combustioni operate da Alberto Burri.

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Anche la struttura del quadro può passare in primo piano: con l’uso della doppia esposizione, Sarah Charlesworth guarda attraverso l’opera per dare visibilità agli elementi fisici e strutturali dell’oggetto rappresentato. E se Carla Accardi sostituisce la tela con la plastica trasparente, esponendo così la struttura altrimenti nascosta e il muro retrostante, in anni più recenti Pierre Toby utilizza con la stessa finalità il vetro. Nei lavori di Pierre Buraglio e Daniel Dezeuze, vicini al movimento artistico Supports/Surfaces, nato in Francia verso la fine degli anni Sessanta, il piano pittorico svanisce completamente, lasciando affiorare solo il supporto materiale.

L’allestimento della mostra nella galleria Nord illustra il gesto del capovolgere e rivelare. Alcune opere sono sospese tra le pareti che dividono lo spazio espositivo. Grazie a questo procedimento i quadri, che normalmente sono presentati come entità piane e bidimensionali, diventano oggetti scultorei e tridimensionali attorno ai quali il visitatore può muoversi liberamente.

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ultimo aggiornamento: 08-12-2015